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Molti anni fa i pazienti affetti da un importante deficit osseo a livello della mascella o della mandibola dovevano rassegnarsi all’impossibilità di sottoporsi a un intervento di implantologia, poiché gli impianti dentali hanno bisogno di una adeguata quantità di osso (e di qualità sufficientemente buona) per sostenere l’impianto.

Per fortuna la situazione è parecchio cambiata e oggigiorno anche i pazienti con poco osso possono ricorrere all’uso degli impianti dentali attraverso alcune tecniche di cui abbiamo già parlato: impianti zigomatici, rigenerazione ossea e griglie sottoperiostee.

C’è un’altra tecnica di cui non abbiamo ancora parlato che permette ai pazienti con deficit osseo di sottoporsi a un intervento di implantologia senza necessità di sottoporsi a interventi di rigenerazione ossea e con un risultato funzionale ed estetico immediato: sono gli impianti pterigoidei.

Cosa sono gli impianti pterigoidei?

Gli impianti pterigoidei sono un tipo di impianto dentale che viene caricato alla mascella superiore quando non c'è abbastanza osso nella zona posteriore del mascellare.

Si chiamano “pterigoidei” perché vengono caricati nel processo pterigoideo dell’osso sfenoide: questo osso si trova alla base del cranio ed è ottimo per caricare gli impianti nella zona posteriore della mascella superiore nei pazienti che hanno subito la perdita di molari o un riassorbimento dell'osso mascellare.

Gli impianti pterigoidei si occupano di fissare i settori posteriori dell'arcata dentaria protesica e possono essere usati in combinata con impianti tradizionali o griglie subperiostee (a seconda della quantità e qualità di osso presente) per il fissaggio dei settori anteriori.

Qual è la differenza tra gli impianti pterigoidei e gli impianti tradizionali?

Gli impianti pterigoidei sono più lunghi rispetto agli impianti tradizionali: vanno dai 13 ai 20 mm e vengono fissati al processo pterigoideo dell’osso sfenoide.

Gli impianti tradizionali, invece, di solito non superano i 18 mm e vengono caricati all’osso della mandibola o della mascella.

Qual è la differenza tra un intervento di implantologia tradizionale e uno di implantologia pterigoidea?

L'intervento chirurgico per l'inserimento degli impianti pterigoidei può essere eseguito in sedazione cosciente endovenosa, grazie alla presenza in studio di un medico anestesista.

La procedura è molto simile a quella richiesta dagli impianti tradizionali.

La vera differenza è prima di realizzare l’intervento: è necessario un lavoro preliminare più meticoloso da parte del chirurgo, poiché deve conoscere con precisione l'osso mascellare del paziente per poter caricare correttamente l’impianto pterigoideio.

L’impianto deve infatti raggiungere il processo pterigoideo con la giusta inclinazione (che può arrivare fino ai 45 gradi), evitando complicazioni successive e soprattutto evitando possibili fallimenti nell'osteointegrazione.

Quali tipologie di pazienti hanno bisogno degli impianti pterigoidei?

Di solito i pazienti che hanno bisogno di sottoporsi a un intervento di implantologia pterigoidea sono quelli che:

Dopo quanto tempo posso avere i denti fissi dopo aver messo un impianto pterigoideo?

Il paziente può condurre una vita normale dopo l'intervento poiché, di solito, il disagio è minimo e comunque equivalente a quello che deriva dal caricamento di impianti convenzionali.

Di solito gli impianti pterigoidei sono a carico immediato e la protesi provvisoria può essere caricata addirittura lo stesso giorno in cui viene eseguito l’intervento chirurgico.

Ciò significa che, con un po’ di attenzione, il paziente può parlare, sorridere e mangiare già dopo l’intervento.

La protesi che viene caricata subito è provvisoria: bisogna aspettare la cicatrizzazione della gengiva e dei tessuti attorno all’impianto e la corretta osteointegrazione prima di poter fissare la protesi definitiva.

Qual è il tasso di successo degli impianti pterigoidei?

Il caricamento degli impianti pterigoidei non presenta complicazioni maggiori rispetto agli impianti tradizionali, purché il chirurgo che realizza l’intervento abbia la sufficiente esperienza nella chirurgia implantare e una buona conoscenza dell'anatomia della zona posteriore della mascella superiore e la sua relazione con il processo pterigoideo.

I nostri chirurghi hanno anni di esperienza nel caricamento degli impianti pterigoidei; presso i nostri studi quindi questa tipologia di intervento è assolutamente sicura e con un altissimo tasso di successo.

Come posso sapere se ho bisogno di un impianto pterigoideo?

Bisogna recarsi dal dentista in modo tale che vengano valutate le condizioni di partenza del paziente attraverso una TAC tridimensionale delle arcate dentarie che consente di avere una visione molto dettagliata della condizione e spessore dell’osso residuo e della sua qualità.

Negli studi Brush abbiamo la possibilità di eseguire la TAC direttamente in sede in modo tale da valutare la situazione in modo immediato.

I denti del giudizio sono tristemente famosi: molte persone devono farci i conti quando cominciano a dare problemi ed è necessario estrarli.

Che senso ha avere quattro denti che possono rimanere sotto la gengiva tutta la vita ma, se escono, in alcuni casi vanno rimossi?

Vanno estratti sempre? Perché fanno male? Tutti li abbiamo?

Se vi siete mai posti queste domande questo approfondimento fa per voi: andiamo a scoprire insieme tutto quello che c’è da sapere sui denti del giudizio.

Cosa sono i denti del giudizio e perché si chiamano così?

Il nome dei denti del giudizio in realtà è “terzi molari”: si tratta infatti di quattro molari (due nell’arcata superiore e due in quella inferiore) e sono gli ultimi denti a erompere, oltre a essere anche gli ultimi lungo l’arcata dentale.

Sono chiamati “del giudizio” proprio perché, essendo gli ultimi a uscire dalla gengiva, erompono di solito in età adulta (tra i 17 e i 25 anni circa, anche se possono spuntare prima o dopo).

Perché abbiamo i denti del giudizio?

Che senso ha avere quattro denti che talvolta poi bisogna togliere?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo intraprendere un breve viaggio nell’evoluzione umana.

I nostri antenati avevano terzi molari di una dimensione fino a quattro volte maggiore di quella attuale: questi denti erano necessari per masticare radici e carne cruda, entrambi presenti nella dieta preistorica, ma la loro dimensione significativa dipendeva anche da altro.

La biologa Kathryn Kavanagh nel 2007 presentò un modello teorico secondo il quale, quando un dente si sviluppa, emette segnali che stimolano o reprimono il dente più prossimo determinando così la dimensione dei denti vicini tra loro (senza che ci fosse un legame con la dimensione totale della dentatura), sottolineando come i terzi molari - essendo gli ultimi denti - avessero la possibilità di raggiungere dimensioni molto maggiori.

Circa due milioni anni fa con lo sviluppo dell’Homo Sapiens le regole sono leggermente cambiate: la dimensione di ogni singolo dente inizia a dipendere dalla dimensione totale della dentatura e ciò ha causato una diminuzione sproporzionata dei terzi molari, fino ad arrivare agli attuali denti del giudizio.

I denti del giudizio hanno una funzione?

I denti del giudizio servono a qualcosa?

La risposta è no.

Si tratta di un retaggio ancestrale, un’eredità lasciataci dai nostri antenati ma che non ha alcuna funzione pratica per la masticazione o il linguaggio ai giorni nostri.

Anzi, come vedremo tra poco, in più di un caso i denti del giudizio rappresentano un problema da risolvere.

I denti del giudizio erompono sempre? Tutti li hanno?

Come sappiamo l’evoluzione tende a mantenere le caratteristiche utili per una specie e a “perdere lungo il cammino” quelle inutili o dannose: questo però è un processo che dura migliaia di anni.

Attualmente può accadere che qualche individuo nasca già senza denti del giudizio, ma non è la norma; è lecito aspettarsi, invece, che nel futuro (tra centinaia o migliaia di anni) gli esseri umani nasceranno senza denti del giudizio.

Più comune è invece il caso di persone che hanno i denti del giudizio che rimangono tutta la vita sotto la gengiva, senza mai erompere o dare fastidi tali da doverli estrarre.

Quando bisogna estrarre i denti del giudizio?

In alcuni casi i denti del giudizio erompono come gli altri denti, senza dare fastidi o problemi poiché hanno a loro disposizione abbastanza spazio per farsi strada agilmente e sono nella posizione corretta.

Anche in questi casi,tuttavia, può capitare di doverli estrarre: ma perché se non fanno male?

1Denti del giudizio cariati
La loro posizione in fondo all’arcata dentale li rende molto difficili da raggiungere con lo spazzolino e il filo interdentale per una corretta igiene orale e, per questo, tendono a cariarsi facilmente.

Otturare o (ancora peggio) devitalizzare un dente del giudizio non è semplice come negli altri denti: semplicemente per la loro posizione talvolta non è possibile garantire la resa ottimale di un’otturazione e il rapporto costo/beneficio dell’otturare la carie è sfavorevole; in questi casi, quindi, si sceglie di estrarli.

Se, però, un dente del giudizio che ha una carie (superficiale) è erotto in maniera corretta (come se fosse un altro molare) e ha abbastanza spazio lungo l’arcata (se - insomma - soddisfa le condizioni affinchè l’otturazione abbia un rapporto costo / beneficio vantaggioso) si può otturare senza problemi e non è necessario estrarlo.

2Denti del giudizio da devitalizzare
Cosa succede se la carie è profonda ed è necessario devitalizzare il dente?

In questo caso si tende ad estrarlo: mentre conosciamo perfettamente l’anatomia degli altri denti (e la disposizione dei canali al loro interno) non accade lo stesso con i denti del giudizio che di solito presentano una disposizione dei canali anomala e non predicibile; per questo, nel caso di una carie profonda che richiede una devitalizzazione, di solito il dente del giudizio viene estratto.

3Denti del giudizio parzialmente erotti o sotto gengiva
In altri casi per mancanza di spazio i terzi molari possono erompere solo a metà, o solo con una piccola porzione: in questo caso le infiammazioni e le infezioni sono frequenti perché i batteri si vanno ad annidare sotto la gengiva approfittando dallo spazio creato dall’uscita del dente, dando luogo a episodi dolorosi e frequenti da trattare con antibiotici.

Se gli episodi sono ricorrenti, la migliore soluzione è estrarre il dente (o i denti).

Infine ci sono casi in cui il dente del giudizio non ha nessuno spazio per erompere (oppure si trova sotto la gengiva ma sdraiato) e quindi la spinta per uscire si traduce in un tentativo inutile ma che causa dolore e infiammazione; anche in questo caso, se il problema si verifica spesso l’estrazione dei denti del giudizio è consigliata.

Estrarre i denti del giudizio fa male?

L’estrazione in sé non fa assolutamente male poiché viene praticata in anestesia locale e, se il paziente lo desidera, anche utilizzando la sedazione cosciente con protossido d’azoto.

L’intervento e il recupero post operatorio dipendono dalla condizione del dente da estrarre: se si tratta di un dente già erotto l’intervento è semplice e piuttosto veloce, e anche il post operatorio sarà rapido e con poco dolore e/o infiammazione.

Diversa la situazione se si tratta di un dente parzialmente erotto oppure del tutto sottogengiva: in questi casi l’intervento è un po’ più complesso e anche il recupero dopo l’operazione sarà leggermente più impegnativo ma comunque totalmente gestibile.

In ogni caso l’estrazione dei denti del giudizio (in qualsiasi condizione essi siano) è un’operazione di routine che viene praticata continuamente, con alte probabilità di successo e rischi minimi: sono inoltre disponibili farmaci e se necessari antibiotici per controllare dolore e infiammazione post operatori.

Una cosa che è importante sapere è che se si ha un dente del giudizio infiammato e/o infetto non è possibile estrarlo in questa condizione: il dentista prescriverà una cura antibiotica per eliminare l’infezione e, solo una volta tornato in condizioni normali, sarà possibile estrarlo.

Come sapere se devo estrarre un dente del giudizio?

Se il dente fa male è necessaria una visita dentistica: con una semplice esplorazione visiva il dentista è in grado di determinare se il dente è cariato o se la gengiva è infetta.

Attraverso una radiografia panoramica digitale è possibile vedere la posizione del dente sotto la gengiva e, nei casi più complessi, con una TAC 3D si va a esaminare la vicinanza di eventuali nervi a cui prestare attenzione nel caso di estrazione.

Con tutte queste informazioni il dentista decide se è il caso di rimuovere il dente del giudizio che, come abbiamo detto prima, verrà estratto solo dopo che un’eventuale infezione è passata grazie ad antibiotici e a una pulizia per rimuovere eventuale tartaro sottogengivale che causa infiammazione.

Negli studi Brush sia la panoramica digitale che la TAC 3D vengono realizzate in loco e al momento, senza necessità di dover prendere appuntamento presso altre strutture: in questo modo la diagnosi è immediata e tutto il processo viene preso in carico dallo stesso dentista.

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